Brunella Fratini, reporter di sogni

il mondo come volontà di trasfigurazione

fotografie di Brunella Fratini • nota di Massimo Pacifico


La fotografia è duttile. Quasi da sempre. Caratteristica che si è sublimata negli ultimi anni, da quando il processo digitale ha soppiantato quello fisico chimico per la cattura dell’immagine, e concesso al fotografo di percorrere spazi meno ristretti di quelli della tradizione.

I limiti della rappresentazione, già manipolabili con il consapevole utilizzo della combinazione di lunghezze focali, tempi di esposizione e apertura del diaframma, sembrano essere definitivamente “risolti”. Lo dimostra Brunella Fratini, pur nata alla fotografia in epoca analogica. Lei racconta un mondo che solo il sapiente uso della manipolazione digitale le consente di esplorare, rappresentare e partecipare.

Il lavoro della fotografa abruzzese, che sembra conoscere Duane Michals e Francesca Woodman, e che denuncia la primigenia vocazione al documentarismo dell’autrice, dimostra come oggi un fotografo possa liberarsi dall’incombenza dell’oggettività per avventurarsi nel lirismo dell’onirico. Anche quando affronta soggetti solo all’apparenza “veri”.

Qualcuno sostiene di sognare in bianco e nero. Brunella sogna a colori. Colori che ricordano quelli delle fotografie degli anni ’60, ottenute con la stampa “industriale” da pellicole negative, quelle arancioni per capirsi.

E i suoi sogni coinvolgono.


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