LA VISITA DEI SAVOIA A PARIGI NEL 1903

testo di Franco Andreucci • fotografie dell’Historical Barnum-Press Archive

Gli inizi del Novecento furono, per l’Italia, anni di profonde trasformazioni. C’era un nuovo re, Vittorio Emanuele III, che aveva poco più di trent’anni. Una regina, Elena del Montenegro, anch’essa giovane ed elegante. Uomini politici, come Zanardelli, Giolitti, Turati, che guidarono il paese in una stagione di riforme e di conflitti sociali. Era l’inizio della belle époque o, se vogliamo usare termini più seri, un momento cruciale della modernizzazione dell’Italia. Sul piano internazionale, l’Italia era tuttavia debole, anche perché la sua esistenza come stato unitario era recente. Era uno dei contraenti della Triplice Alleanza con l’Impero Tedesco e con l’Austria-Ungheria, un patto fragile fra alleati sospettosi che erano stati nemici l’uno dell’altro. D’altra parte, i rapporti dell’Italia con la Russia erano cattivi: lo Zar aveva rifiutato di visitare l’Italia per le critiche che molti parlamentari avevano rivolto al suo regime autocratico. Con l’Inghilterra vigeva una certa neutrale indifferenza. E con la Francia? Con la Francia, negli ultimi trent’anni dell’Ottocento, le relazioni erano state pessime, se non addirittura conflittuali. Napoleone III aveva facilitato l’unificazione italiana con un’alleanza militare con il Piemonte dei Savoia ma quando, nel 1870, la Francia era stata sconfitta e umiliata dalla Prussia il Regno d’Italia non solo non aveva aiutato il vecchio alleato, ma aveva approfittato della situazione e aveva conquistato la Roma papale, la cui difesa era garantita proprio dalla Francia. Ne erano seguiti trent’anni di antipatie e di conflitti culminati, nel 1887, in una vera e propria guerra commerciale fra i due paesi. Ora, nel 1903, i due paesi cercano una riconciliazione. Vittorio Emanuele III accetta l’invito di una visita ufficiale a Parigi. Le aspettative sono notevoli, ma la strada è difficile. Per troppo tempo le rivalità politiche erano state coltivate in entrambi i paesi. Ad esse si erano accompagnati per anni antipatie e disprezzo. Gli emigrati italiani che vendevano oggettini di contrabbando sugli Champs Elysées venivano scacciati a calci dai camerieri sciovinisti e a Aigues Mortes, nel 1893, dieci lavoratori italiani erano stati linciati per l’aspra competizione nel mercato del lavoro. Proprio per questo, nella visita dei Savoia a Parigi i segni della riconciliazione devono essere visibili, pubblici, condivisi. I sovrani d’Italia arrivano a Parigi per una visita lunga e impegnativa. Una settimana di incontri, di colloqui, di grandi eventi simbolici che devono parlare di una rinnovata amicizia fra i due paesi. La visita è un avvenimento straordinario, seguito dai giornali di tutto il mondo e osservato con freddezza dalle cancellerie di Vienna e di Berlino. Probabilmente la visita dette i suoi frutti se, di lì a una decina d’anni, l’Italia avrebbe ancora una volta cambiato alleati e si sarebbe schierata con Francia e Inghilterra contro la Germania e l’Austria nella Grande Guerra.


 

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Siamo a Parigi. E’ mercoledì 14 ottobre 1903. L’orologio della Gare du Bois de Boulogne (che oggi si chiama Gare de l’Avenue Foch) segna le tre meno dieci. Le personalità e i militari, a piedi e a cavallo, dovranno aspettare ancora quarantuno minuti prima dell’arrivo dei sovrani d’Italia. Il fotografo riprende la scena dalla Porte Dauphine. Alle 15 e   31 precise il treno reale entra in stazione. La musica della compagnia d’onore intona la Marcia reale e subito dopo la Marsigliese. Il presidente francese Loubet e la sua consorte avanzano verso la vettura reale. Vittorio Emanuele III e la regina Elena scendono. Il re prima stringe lungamente la mano al presidente Loubet, poi lo abbraccia cordialmente. Vittorio Emanuele III veste l’alta tenuta da generale col Collare dell’Annunziata e il Gran Cordone della Legion d’Onore, il Presidente Loubet è in frac, la Regina veste in grigio con boa di struzzo; la signora Loubet è in crème. Le carrozze partono per l’Avenue du Bois de Boulogne fra continui applausi della enorme popolazione. Tuona il cannone.

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Il Re e la Regina risiedono nell’appartamento di rappresentanza del Ministero degli Esteri al Quai d’Orsay, il cui colonnato si intravede nello sfondo. Il fotografo che immortala la scena è su un terrazzo del Palais de Bourbon, sede dell’Assemblea nazionale. Il corteo attraversa il Pont de la Concorde, accompagnato dai Corazzieri, mentre i fanti della Guardia Repubblicana sono schierati lungo tutto il percorso. Il Re va a rendere omaggio ai Presidenti di Camera e Senato e poi va all’Eliseo, per la cena di gala offerta dal Presidente della Repubblica francese: tutti gli invitati con gradi militari vestono la grande uniforme; gli altri, l’abito nero. I brindisi sono impegnativi e retorici: proclami di amicizia, riconoscimento dei legami fraterni fra i due popoli, commozione per la cordialità e l’entusiasmo degli incontri. Al brindisi del Presidente Loubet, l’orchestra intona la Marcia reale; a quello del Re d’Italia, la Marsigliese. Dopo la cena, un breve concerto: l’Intermezzo della Cavalleria Rusticana e poi alcune attrici e attori della Comédie Française recitano poesie italiane e francesi. 

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Ogni spostamento dei sovrani è grandioso. Qui siamo sugli Champs Elysées e il fotografo è su un’impalcatura in Place de la Concorde, dietro una fila di Dragoni. Come facessero il Re e la Regina a muoversi per le loro compere e le loro visite a Parigi, è difficile dirlo. Nelle strade che attraversano, il traffico è bloccato, la folla si accalca e le file dei landeaux dei Sovrani e del seguito sono lunghe. La Regina visita una sua vecchia istitutrice e acquista doni per le principesse Jolanda e Mafalda in Rue de Rivoli e nel Faubourg Saint Honoré: biancheria e giocattoli. Il Re va a caccia nel Castello di Rambouillet col Presidente Loubet. Piove a dirotto, ma al Re non dispiace cacciare sotto la pioggia: punta il fucile con rapidità e precisione. Ci sono fagiani, lepri, conigli, caprioli: tutti indirizzati verso i cacciatori da un esercito di guardiacaccia. Il Re uccise centotrenta capi di selvaggina, di cui ottantanove fagiani.

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I preparativi e le decorazioni in Rue de l’Opéra sono ai ritocchi finali. Vista da Place de l’Opéra, la strada appare addobbata con bandiere italiane e francesi e con due colonne che sostengono lo stemma dei Savoia. Sulle colonne, la Lupa di Roma e il Leone di Venezia. Quest’ultimo simbolo fu scelto dalle autorità francesi al posto di altri per sottolineare il passaggio del Veneto all’Italia dopo la guerra del 1866, avvenuto grazie alla mediazione francese. All’Opéra, un tripudio di Verdi e di Mascagni, di Saint Saens e di Massenet, Leoncavallo e Bérlioz ma anche brani da un’opera recentissima: la Bohème di Puccini, che era stata rappresentata per la prima volta a Parigi nel 1896. I pranzi e le cene ufficiali – non meno di dieci portate – avvengono nelle grandi sale decorate con sfarzo dell’Eliseo, del Castello di Versailles, dell’Ambasciata italiana: ci sono il corpo diplomatico, i ministri, gli aiutanti e i segretari del Re e del Presidente con le loro signore. Ostriche a volontà, fiumi di champagne e ad accompagnare la selvaggina ricchi rossi di Borgogna. I dolci sono leggeri: frutta con crema, gelato, sorbetti.


Domenica 18 ottobre i sovrani concludono la loro visita. Sono stanchi dopo una settimana di impegni fittissimi, ma commossi dall’accoglienza calda che hanno ricevuto. Si avviano verso la Gare des Invalides alle tre del pomeriggio. Il Re col Presidente Loubet è su una vettura Daumont a quattro cavalli. Le criniere sono intrecciate di nastri coi colori italiani. Lo stesso per ogni altra vettura del seguito. Alle 15 e 45 il treno si muove lentamente. Il Re e la Regina si affacciano dalla loro vettura salon arricchita da specchi e fiori freschi e sono acclamati dalla folla. La Regina veste un abito rosa antico e un leggero giro di pelliccia. Il Re è in uniforme da campo. Il viaggio sarà, come quello verso Parigi, lungo e faticoso: ventiquattro ore per raggiungere la tenuta di San Rossore. Finisce l’impegno francese e comincia quello italiano: Zanardelli è in fin di vita. Ci sarà presto un nuovo primo ministro, Giovanni Giolitti, a cui saranno consegnati i frutti del viaggio a Parigi. Comincia l’età giolittiana.


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