LE ANNUNCIAZIONI MUTILE DI IGOR MITORAJ

molti Angeli e poche Madonne in piazza dei Miracoli a Pisa

testo di Giovanna Uzzani • fotografie di Massimo Pacifico

Di un nudo dello scultore olandese Ferdinand Leenhoff un critico ottocentesco avrebbe scritto “inutile et éloquent comme une fleur”. E bisognerebbe aver la mano altrettanto sensibile per scrivere di certo Mitoraj, di un artista che rispetto agli esiti di tanti formalismi fuori stagione, andava in senso opposto, e, quanto più si sottraeva alla muta concretezza della forma, tanto più riceveva in poesia e trasognato abbandono.

Almeno questo si avverte sfiorando gli Angeli dello scultore polacco, scomparso, a 70 anni, in una mattinata tersa degli inizi dello scorso ottobre, esseri alati che si aggirano, in una articolata rassegna, attorno alla Piazza dei Miracoli a Pisa.

La mostra, gli Angeli, appunto, l’aveva inaugurata Mitoraj stesso, il 17 maggio, dopo aver disseminato icari ed eros, torsi e centurioni, dei ed eroi, frammenti di bellezza mansueta e transumana, nella piazza, lungo il ballatoio del Museo delle Sinopie, nel nuovo spazio espositivo dell’Opera della Primaziale Pisana, giusto allestito per celebrare il 950° anniversario della posa della prima pietra della Cattedrale.

In uno spoglio dialogo di forme, negli spazi espositivi, s’incrociano sguardi che non sono di questo mondo, echi e mormorii che restano sospesi giusto un attimo prima di perdersi. Pare di risalire alle forme di un umanesimo moderno, quello della poesia purissima di Hölderlin, e del platonismo esistenziale, fatto di libertà e di adorazione della bellezza, slancio visionario, percezione della natura tragica del processo vitale, nostalgia per l’irrecuperabile perfezione estetica dell’Ellade. Quello ben illustrato da Max Klinger col suo uomo nel prato, in faccia al mare e al cielo, in cerca del poeta, che inneggia alla bellezza, An die Schönheit.

La teatralità dell’allestimento restituisce il senso della ricerca di Igor e rievoca gli insegnamenti e la dimensione onirica di un altro grande polacco, il regista e pittore Tadeusz Kantor, maestro e guida per lo scultore alle prime armi, nei primi anni sessanta, all’Accademia d’Arte di Cracovia, prima del viaggio in Grecia e del successivo innamoramento per Pietrasanta.

Eredità simbolista e vocazione alla poesia sono le ombre e le luci della mostra pisana che si allungano sui gessi immacolati e si sovrappongono, rimandando talvolta al mondo esterno. Nel silenzio delle sale, tinteggiate di rosso mattone, o di severo antracite, come in certe pitture romantiche, si dispiega in tutto il suo fascino anche un Antiquarium: contiene frammenti candidi, disposti con ordine sugli scaffali, mutili, misteriosi reperti senza età di uno scavo archeologico immaginario.

Ancor più scenografica è la sezione ospitata nel Museo delle Sinopie, l’edificio che chiude la piazza a sud, un tempo Spedale per i pellegrini. Poco dopo l’ingresso quasi imbarazza il fuori scala spettacolare delle due maschere di resina blu che Mitoraj aveva realizzato nel 2002 per la scenografia pucciniana della Manon Lescaut, che si staglia drammaticamente contro le sinopie di Benozzo Gozzoli; e subito dopo, nella grande aula rettangolare del Pellegrinaio, degli infermi e del ballatoio, si ripete l’imbarazzo laddove angeli e maschere dagli occhi chiusi entrano in dialogo con le sinopie trecentesche di Taddeo Gaddi, Spinello Aretino e con le vette visionarie del Trionfo della Morte di Buffalmacco.

Come nell’acquerello di Füssli, nel quale piange il pittore sul frammento gigantesco della statua di Costantino, così appare Mitoraj dinanzi ai suoi giganti lacerati. L’oggetto fantastico si manifesta come eccesso di un oggetto reale e la grandezza iperbolica di volti, mani, piedi, propone una trasposizione di metafore. All’idea della monumentalità del passato sembra associarsi quella del suo impossibile ritorno.

 


Igor Mitoraj • ANGELI • 17 maggio 2014 • 12 aprile 2015 • piazza del Duomo • Pisa


 

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