SIEGLINDE GROS

una scultrice che lascia il segno

fotografie e note di Massimo Pacifico


Il catalogo della storia dell’arte alla voce “scultrici” non è ricco. Nessuna nella classicità, pochissime nel contemporaneo (Beverly Pepper, Vanessa Beecroft). La scultura si pratica in stanze dell’Elicona da sempre riservate ai maschi. Stanze dov’è penetrata, però, con determinazione, Sieglinde Gros che con mazzuolo e scalpello (o con la motosega) ricava dal legno figure tridimensionali di grande vigore. Da tigli, robinie, e soprattutto querce.

-Mi piace il legno duro, dove lo scalpello lascia segni importanti.

Scolpisce sogni e impressioni, incontri veri o presunti, visioni “durate anche un solo istante come percepite dal finestrino di un treno in corsa”. Ricava intensi gruppi di umani da un unico tronco con una naturalezza che odora di Accademia. Studi, in effetti, alla Meisteschule di Monaco, dopo l’infanzia trascorsa a Darmstadt, la città di avanguardie importanti nel primo Novecento, respirate da Sieglinde sulla Mathilden Hohe, la collina degli artisti.

-Soprattutto donne?
-No, i miei sono esseri nei quali il sesso non è determinante, ma che condividono emozioni e umanità.

Parla poco, Sieglinde, e non fuma. Ma consente agli ospiti del suo atelier a Michelstadt, Assia, di fumare. Offre ottimi caffè, anche espresso.

-Dapprima c’è stata la scultura classica, al modo dei greci, poi sono arrivati i totem primitivi, quasi bidimensionali, e da qualche anno questi gruppi densi, e colorati.

Con poca vernice e pochi ripensamenti. Bianco sporco, grigio, nero, un po’ di rossi e gialli abbinati a cromie acide.
Le mani dei suoi soggetti sono evidenti, come i tratti abbozzati che scandiscono netti profili e come i colli, allungati a voler scorgere l’invisibile, con occhi spesso senza pupille. I piedi, piatti, ben piantati nel tronco.

La tensione del suo lavoro è tale che non le consente di smettere di dar forma alle sue idee anche mentre chiacchieriamo. Da un foglio di carta velina, bianca, modella effimeri corpi in miniatura, con la stessa disinvoltura che userebbe un imballatore, con lo stesso materiale, per accartocciarlo a protezione di una porcellana da riporre in una scatola, o, con un trincetto, estrae da un blocco minimo di polistirolo una figura che trasuda energia.

Ha esposto a Wiesbaden e Berlino, Dortmund e Darmstadt. Lavora e incontra i suoi ospiti in un’antico edificio a tralicci a Michelstadt, Assia, in Einhardspforte 3 – Kellerhof.

www.sieglinde-gros.de


 

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