I TEMPLI DI ANKOR WAT A MARSIGLIA

ricostruiti per l’Expo del 1922

fotografie da Barnum Archives • testo di Massimo Pacifico

Nella seconda metà del XIX° secolo, e sino al dissolversi dei loro imperi, le potenze europee organizzano, con ragguardevole dispendio di risorse, grandiose esposizioni coloniali, per autocelebrare le proprie imprese e mostrare ai cittadini metropolitani le più diverse sfaccetatture dei paesi sottomessi al loro dominio. Nel 1906 la Francia celebra a Marsiglia la sua grandeur. A fronte dei 41,8 milioni d’abitanti che abitano in madrepatria i “coloni” sono, allora, più di 67, dislocati su una superficie di 12 milioni di km quadrati. Il successo di visitatori di quell’expo’ è tale che si decide di istituire un Comité national des expositions coloniales en France, aux colonies et à l’étranger che non mancherà, nei decenni successivi, di dar prova di un’efficienza senza precedenti. Sempre a Marsiglia si allestisce, nel 1922, l’expo’ che deve stupire ancora una volta la borghesia continentale. Si sceglie l’Indocina (gli attuali stati del Laos, Vietnam e Cambogia) come il paese da “glorificare”. L’elemento più appariscente di questa edizione è la ricostruzione, parziale, ma molto fedele, dei templi cambogiani di Ankor Wat, simbolo della sofisticata cultura dei paesi colonizzati. Non mancano però esempi delle architetture africane, in primis di quelle marocchine, ed elefanti e dromedari vengono considerati complementi indispensabili degli allestimenti. La messa in scena degli stessi coloni, spesso comparse forzate di queste rappresentazioni spettacolari, verrà bollata ai nostri tempi con l’epiteto di “zoo umani”!


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