KYOTO, LA SECONDA CAPITALE DEL GIAPPONE

La città dai mille templi

Prima che il commodoro Matthew Perry, nel 1853, ancorasse le sue nove navi nella baia di Tokyo, sfidando l’editto isolazionista della dinastia dei Togugawa che vigeva da due secoli in Giappone, il Paese del Sol Levante era stato rimasto rigidamente chiuso in se stesso. A nessuno era concesso contaminare con prodotti e abitudini le isole dell’arcipelago. Del Giappone si favoleggiava. Si parlava di geishe e di quartieri del piacere, di edifici costruiti di legno e carta di riso, di cerimonie e riti incomprensibili, di imbattibili samurai, di giardini di pietre, di statue colossali del Buddah. I protofotografi, che esercitarono la loro arte soprattutto a Yokohama, si diedero da fare per rappresentare quel mondo ignoto e lo idealizzarono anch’essi producendo immagini di paesaggi idilliaci e situazioni di vita quotidiana abilmente messe in scena in studio. Di più, perfezionarono una tecnica di colorazione all’acquerello delle stampe in bianco e nero ricavate da grandi macchine fotografiche a lastra, che stupiva per i sublimi risultati raggiunti nella sfumatura dei toni e la perfezione dei contorni. Tra questi primeggiò un italiano, Felice Beato, della cui vita poco si sa, il fratello di un altro fotografo che i lettori di Barnum già conoscono (v. https://www.barnum-review.com/it/portfolio/vita-sul-nilo/). Gli album di fotografie prodotte negli studi di Yokohama erano confezionati con preziose copertine di lacca decorate e si vendevano, all’inizio del ‘900 a caro prezzo, nei grandi magazzini dell’epoca in Europa, da Liberty a Londra, da Lafayette a Parigi… Per il resto il mistero avvolgeva l’immagine del Paese e ancora oggi, forse a causa della naturale ritrosia dei suoi abitanti, l’immagine del Giappone non è proprio nitida. I suoi prodotti, sempre di eccelsa qualità,  hanno invaso il mondo e indebolito la penetrazione sui mercati di industrie europee con tradizioni consolidate, ma chi non abbia messo piede su quella terra, che spesso trema, stenta a raffigurarsi l’aspetto della quotidianità in una città giapponese. Barnum ha perciò deciso di pubblicare una serie di reportage fotografici realizzati di recente in diverse località. Il secondo è dedicato a:

Kyoto, un milione e mezzo di abitanti, situata sull’isola di Honshu a 460 km a ovest di Tokyo, è stata la seconda capitale storica del Giappone dal 794 al 1868. Risparmiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale ha la reputazione di reliquia della cultura giapponese e gode del riconoscimento dell’Unesco come sito protetto. Ospita più di mille templi in molti dei quali ci sono curatissimi giardini zen, luoghi di meditazione e di sublimazione dell’estetica minimalista. Circondata da colline, è attraversata dal fiume Kano che separa il quartiere commerciale dall’antico centro di Gion. I templi più imponenti sono quelli, quasi gemelli, di Homgan-ji, il Nishi e l’Higashi, non lontani dalla stazione ferroviaria, i cui lucidissimi tatami sono frequentati da milioni di fedeli della setta Jodo-Shinshu. Popolare è anche il tempio di Sanjusangen-do che ospita sotto una struttura di legno, lunga più di cento metri e che viene rinnovata regolarmente dal 1164, mille e una statue della dea Kannon, ad altezza naturale, tutte in legno dorato, protette da colossali guardiani. Il castello Nijo è il simbolo del potere dello shogun Tokugawa Iemitsu (1543-1616) e il complesso di Ninomaru, costituito dalle sale per i ricevimenti, ben rappresenta la magnificenza della corte. Un’altra celebre istituzione è il tempio Kiyomizu-dera, in collina, dal cui portico si può ammirare tutta la città e dalla cui sorgente sgorgano acque purissime che si dice abbiano effetti miracolosi. Il tempio Daitoku-ji prosperò sotto il patronato dei signori Oda Nobunaga e Hideyoschi, nella seconda metà del XVI secolo, come sede di raffinate cerimonie del tè (v. https://www.barnum-review.com/it/portfolio/cerimonia-del-te-kyoto/). Molto noto è il suo giardino di rocce, il Daisen-In, considerato il più eccelso esempio dei giardini di tal genere. I turisti chiamano il Padiglione d’Oro il tempio Kinkaku-ji, già dimora dello shogun Ashikaga Yoshimitzu (1358-1408). Distrutto da un incendio nel 1950, è stato magistralmente ricostruito e di nuovo ricoperto con foglie d’oro. Con un treno metropolitano si raggiunge, in meno di mezz’ora, il santuario Fushimi, dedicato a Inari, la divinità del riso e del sakè. Caratteristica del tempio è il viale che lo precede che è un susseguirsi di torii (portali) di legno dipinti di rosso e in molti casi sponsorizzati da ricchi uomini d’affari.

Kyoto è considerata anche la città con le migliori scuole per geischa che qui preferiscono essere chiamate geiko, e per maiko, le giovani apprendiste che sono un esclusivo fenomeno di Kyoto. Le enclave più popolari dove vivono le geisha, con tanto di placca governativa sulla porta che ne certifica la qualifica, sono Gion-kobu e Pontocho.

Inutile aggiungere che Kyoto è meta turistica di primo livello ed è curioso notare che molte ragazze e giovani donne indossano, quando sono in visita alla città, il loro kimono, o uno in affitto, e amano acconciarsi secondo le più antiche tradizioni.

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